Axel e Buck potrebbero sembrare i nomi di due splendidi pastori tedeschi dal fiuto finissimo. In realtà, sono i due scienziati che hanno ricevuto il premio Nobel 2004 per la medicina e la fisiologia. Una cosa sola li accomuna ai cani alsaziani, l'importanza che l'olfatto ha nella loro vita. Infatti l'alta onorificenza è stata loro conferita per le loro scoperte sui “recettori degli odori e sulla organizzazione del sistema olfattivo”. Un recettore è in genere una macromolecola costituita da una lunga catena di amminoacidi, ritorta su se stessa in geometrie piuttosto complesse, che creano come delle "nicchie" in cui possono entrare ed interagire solo molecole specifiche per forma, disposizione spaziale dei propri gruppi funzionali e delle densità di carica elettrica.
Spesso il recettore è transmembrana ovvero inserito dentro la parete cellulare e alcune anse della sua struttura sono disposte all'esterno della cellula ed altre all'interno. L'interazione di una molecola con la superficie della cellula, in corrispondenza alle anse esterne del recettore, provoca delle modifiche al recettore che si propagano all'interno scatenando una serie di reazioni complesse ma che in sostanza si traducono nel far passare un segnale dall'esterno all'interno della cellula. Spesso si tende a rappresentare questo tipo di relazione recettore-molecola specifica con l'esempio del rapporto tra chiave e serratura. Solo la chiave giusta permette di entrare in casa, di avviare il motore della macchina o di disattivare un antifurto. Qualsiasi altra chiave, per quanto simile, risulterà inefficace.


Nel 1991 sulla prestigiosa rivista scientifica Cell, Richard Axel e Linda Buck pubblicarono un lavoro in cui rivelarono di avere individuato una famiglia di un centinaio di geni responsabili della codifica dei recettori dell'olfatto. In seguito, con studi indipendenti, arrivarono a identificarne quasi mille. Ciò significa che ben il 3% del nostro patrimonio genetico è dedicato alla gestione e controllo del nostro olfatto. Se gli odori percepibili sono più di 10.000 ma esistono un migliaio di recettori, allora ogni recettore riesce a riconoscere specificamente solo un numero limitato di molecole odorose. Il fatto inatteso e sorprendente fu proprio lo scoprire che ognuna delle cellule disposte nell'epitelio nasale contenesse uno solo dei mille recettori individuati.
Quindi, una volta verificata la estrema selettività dei recettori degli odori, che in realtà riescono sì a reagire a più molecole odorose con intensità diverse ma in un numero di relazioni specifiche limitatissimo, si è dedotto che ogni cellula disposta nella piccolissima zona nella parte superiore dell'epitelio nasale, riconosce solo un piccolo set di molecole odorose e che, quindi, l'odore complessivo che percepiamo è il risultato della elaborazione dei diversi segnali inviati dai singoli recettori. Questi impulsi giungono, dopo un percorso relativamente complesso, in zone molto precise della corteccia cerebrale creando una specie di mosaico caratteristico ed unico per ogni odore che viene interpretato e memorizzato dal sistema limbico che sarà poi in grado di ricrearlo e riprodurlo ogni qual volta il nostro cervello voglia restituirci la sensazione provata nell'annusare un mazzo di rose rosse o del pesce andato a male.
Ai curiosi che vogliono entrare più nello specifico del meccanismo di azione suggerisco di leggere l'ottimo abstract nel sito ufficiale del premio Nobel (http://nobelprize.org/medicine/laureates/2004/press.html) o le pagine dedicate dall'Howard Huges Medical Institute ai suoi due ricercatori (http://www.hhmi.org/news/2004nobel.html). La conferma della validità di questo modello di percezione degli odori è la dimostrazione che ciò che percepiamo, o crediamo di percepire, è frutto di numerosissime relazioni molecola-recettore che possono variare di intensità e qualità da individuo ad individuo in funzione della distribuzione e della concentrazione dei recettori nelle cellule dell'epitelio nasale.
Vi sarà molto probabilmente una distribuzione statisticamente omogenea che fa si che a certi odori rispondiamo quasi tutti con paragonabile sensibilità (odore di gas, di fumo, di decomposizione) in quanto l'evoluzione ci avrà dotato di un grande numero di recettori atti al riconoscimento dei segnali di allerta o di pericolo, ma la diversa sensibilità alla percezione degli odori tra gli individui può dipendere sia da una variabilità nella numerosità e nella disposizione di alcuni recettori che da fattori socio-ambientali. Non è sufficiente la interazione molecola-recettore in sé per definire un odore complesso, ovvero non vi è la classica relazione acceso-spento, ma invece la percezione deriva sempre da una “interpretazione” della mappa dei segnali da parte della corteccia cerebrale e del sistema limbico. Questa sensibilità verso gli odori può essere affinata giorno per giorno come si può affinare il gusto.
Disponiamo certamente dei recettori necessari al riconoscimento ma dobbiamo imparare a interpretarne i segnali. Di certo la nostra capacità di interpretare miscele complesse di odori, ad apprezzarne le sfumature, gli accenni e gli accordi particolari non sarà mai identica a quella di nessun altro. E forse anche questo ci rende individui tra la gente.