Il mondo del profumo ha subito un’impressionante evoluzione dall’ultimo dopoguerra. Si è assistito a macro fenomeni piuttosto evidenti, come l’enorme sviluppo della proposizione del profumo ad una clientela che è cresciuta vertiginosamente nei decenni. Chiunque abbia almeno cinquant’anni può facilmente rendersi conto che nella sua adolescenza il numero di persone del suo ambiente che utilizzavano un profumo fossero davvero poche e che oggi invece non c’è più distinzione di età, censo o sesso che limiti l’uso di un profumo. Da prodotto elitario per pochi, si è passati repentinamente a considerare il profumo un accessorio quasi ineludibile dell’abbigliamento quotidiano.


Nulla di nuovo sotto il sole, fenomeni questi che hanno riguardato anche altre tipologie di prodotti, basti pensare alle automobili: dai primi esemplari accessibili solo a pochissimi, al Modello T della Ford fino alle mini utilitarie a bassi consumi super accessoriate di oggi. Questa democratizzazione dell’uso delle fragranze ha ovviamente uno stretto legame con l’evoluzione della società postindustriale e dell’incremento generalizzato di un grado di benessere, prima nei paesi più industrializzati e sviluppati e poi in quelli emergenti. Dopo una prima crescita dell’export verso mercati come la Russia e l’Arabia è poi venuto il momento dell’Estremo Oriente.


Perché si utilizza il profumo?


La peculiarità è se mai nell’implicito, spesso sottostimato, motivo per cui si usa un profumo. Se ci pensiamo bene ognuno di noi ha un suo odore, che noi non cogliamo perché ne siamo costantemente “immersi” ma che è abbastanza facilmente distinguibile quando ci troviamo a frequentare luoghi esotici e popolazioni nuove. Il nostro corpo emana e le sue esalazioni dipendono da molti fattori tra cui l’alimentazione abituale. Senza alcun riferimento a questioni genetiche o razziali un nordafricano, un cinese, un sud americano, o un francese sono in grado di riconoscersi olfattivamente come diversi tra loro semplicemente perché mangiano cibi diversi. Se però queste persone si profumassero con lo stesso profumo, questa distinzione di origine geografica verrebbe annullata e se indossassero ognuno una fragranza diversa il messaggio che invierebbero potrebbe non avere nulla a che fare con le loro abitudini alimentari ma si riferirebbe a tutt’altre caratteristiche personali e di scelte. Questo per dire che l’uso di un profumo ha la stessa funzione dell’uso di un vestito. Ci dà un’identità, esalta alcuni aspetti del nostro stile di vita, ci dà modo di uniformarci o di differenziaci dal “rumore di fondo” che ci accomuna a quelli attorno a noi. A livello di marketing,il testimonial pubblicitario ha lo scopo di dare visivamente un modello rappresentativo di quale stile un certo profumo dovrebbe essere l’ambasciatore e quindi suggerisce che se la propria aspirazione è essere considerato affine al testimonial, il profumo promosso potrebbe esser la giusta aurea olfattiva di scelta.


Personalizzato o massificato?


Nella battaglia commerciale, tra corsi e ricorsi, abbiamo assistito all’apparire nel tempo di profumi icona, di benchmark del lusso, della sensualità, dell’innocenza, della mascolinità e così via. L’accesso di massa a questi profumi ha portato, via via, a vedere indossati gli stessi profumi da personalità assolutamente in contrasto e, in nome del divino bestseller, si è sempre più abbandonata la coerenza tra stile personale e profumo per passare sempre più al profumo logo, bandiera che ha preso il sopravvento rispetto al suo ruolo di gregario per diventare lui il segno della nostra aspirazione invece che del nostro essere.


Come sempre nella storia, vi sono poi dei momenti in cui il recupero di valori perduti, le scelte libertarie o il desiderio di non uniformarsi hanno un nuovo risalto e, pur non essendosi mai sopiti del tutto, riappaiono in certe occasioni più evidentemente e assurgono il ruolo di tendenze eclatanti.


Nel mondo della profumeria questo fenomeno è oggi noto come Profumeria di Nicchia o Profumeria Artistica. In Italia per svariati motivi, non ultimo il fatto che siamo una delle nazioni più giovani d’Europa in cui i regionalismi e le peculiarità sono ancora molto vivi, questa profumeria ha attecchito molto bene e ha avuto modo di poter contare su una buona disponibilità di negozi con il bacino d’utenza ideale per la proposizione di questa “altra profumeria”, di queste proposte nate per raccontare più che per fatturare, di queste firme olfattive non uniformate.


Mentre all’estero l’ambizione dominante è stata quella di proporre questi marchi, ogni volta fosse possibile, nel loro specifico contesto e quindi in negozi monomarca, in Italia si è assistito all’accoglienza progressiva nell’ambito di profumerie “convenzionali” in cerca di diversificazione che, a poco a poco, si sono trovate a cambiare integralmente la propria immagine e a divenire, grazie all’aumento di nicchie abitate da questi marchi originali e per pochi, delle cattedrali da cui i marchi del mass market di prestigio (noto con il neologismo masstige) venivano progressivamente allontanati.


Per anni, a partire dal dopoguerra, l’Italia è stata considerata il Paese elitario della nicchia (oltre ad altri titoli meno prestigiosi) e si è sempre ritenuto che il modello distributivo suo proprio non fosse esportabile oltralpe.


Un nuovo fenomeno in crescita


Oggi però, facendo una veloce analisi di cosa è successo solo negli scorsi tre anni, si verifica che questo modello del fare-squadra, di accorpare realtà molto diverse, rispettandone le identità, dando al negozio una chiara identità propositiva e lavorare molto sul servizio di consulenza e accoglienza del cliente in cerca del “suo” profumo, di quello che sarà la sua personale firma olfattiva, ha moltissimi proseliti in Europa e non solo. Il network distributivo dei negozi plurimarca di nicchia è in forte crescita e questo ora attira l’attenzione su quella delicata Cenerentola che nessuno pensava potesse aspirare a diventare una principessa.


Il fenomeno, che a livello di incidenza sul fatturato complessivo del Beauty si colloca attorno all’1,5%, ha già raggiunto in Italia il suo obbiettivo e quando lo avrà raggiunto in tutti i primi 7 paesi europei, e non manca molto, varrà oltre a un miliardo di Euro. A ciò si aggiungano poi gli altri paesi e continenti già in fase di semina e vicini a dare i primi frutti.


Non dovrebbe esserci nessuna reale conflittualità tra Masstige e Profumeria Artistica, gli obbiettivi e i criteri distributivi sono, o dovrebbero essere, ragionevolmente diversi e, anzi, è già storia che la Profumeria Artistica funga da laboratorio di ricerca per quello che poi sarà un possibile atout del Masstige. Un esempio abbastanza recente è stata l’improvvisa proposizione sul mercato da parte dei colossi del settore di profumi a base di Oudh o di profumi costituiti da singole note o da sole note di fondo, sperimentazioni ormai già nel patrimonio creativo della Profumeria di nicchia da decenni.


Oggi si assiste al tentativo dei grandi marchi del masstige di ridarsi un tono e una sofisticazione particolare nel proporre le Collezioni Private in luoghi selezionati e quasi “riservati”.


Importante è che non si inquinino tra loro gli obbiettivi strategici. La Profumeria Artistica deve mantenere l’impegno di lasciare la scelta al consumatore, proponendogli creazioni molto originali e non di tendenza. La sua missione, portata all’estremo, dovrebbe essere quella di far si che ognuno possa trovare il suo profumo e che sia diverso da quello che indossano tutti coloro che lui frequenta.


Sotto questo aspetto è molto interessante assistere sia allo sviluppo delle scelte estetiche di queste nuove piccole cattedrali del profumo, sempre di più e sempre più originali ed accoglienti, sia all’avvento di nuove modalità suggerite per semplificare rendere ancora più efficiente la selezione e la scelta della fragranza da parte del consumatore, senza condizionarlo in base al marchio o all’estetica del packaging, ma spingendolo ad usare il suo naso e il suo gusto, e in quest’ambito la Profumeria Artistica ha già fatta propria l’era informatica 2.0 sviluppato applicativi user friendly, ma in realtà elaborati per dare possibilità d’incontro con i potenziali acquirenti ad ogni espressione compositiva realmente artistica5.


Il settore ha già le sue manifestazioni di riferimento, guarda caso quasi tutte ideate e create da italiani, come Esxence1 a Milano o Fragranze a Firenze2 e anche la letteratura in merito è sempre più ricca come si può in parte verificare sul sito dell’Osmotheque di Versailles3 scaricando il loro catalogo di pubblicazioni o l’ultimo nato, a cura proprio dell’Osmotheque, Perfumes Rares4 presentato a Dicembre del 2013.


Una bella azione collettiva che riporta il profumo al suo ruolo originale di valido scudiero della Dama o del Cavaliere e non di servo dell’Imperatore o forse oggi diremmo, del Grande Fratello.



1)ESXENCE: www.esxcence.com
2)FRAGRANZE: www.pittimmagine.com
3)Osmotheque:www.osmotheque.fr
4)Parfums Rares Sabine Chabbert , Laurence Férat – Préface Patricia de Nicolaï- Ed Terre Bleue 2013 ISBN 13: 9782909953182
5)Una applicazione accessibile via web è per esempio la diagnostica olfattiva offerta da www.nose.fr


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Kosmetica, Marzo 2014

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