Cosa potrebbe unire uno spettacolo teatrale sulla vita di Lewis Carrol, uno studio sulla percezione di pericolo nelle stazioni della metropolitana parigina, un’esposizione di pittura in un’ambientazione di foresta amazzonica, una mostra didattica al Gran Palais di Parigi e….dei “Petali di Branzino al burro d’Iris”? Ebbene tutte queste cose, apparentemente senza alcun nesso, hanno come denominatore comune un nome: Maurice Maurin.
Chi sarà mai questo manzoniano Carneade? Classe 1936, questo signore è stato Presidente della Società Francese dei Profumieri e un grande creatore di profumi tra cui uno del calibro di Amazone di Hèrmes.
E’ anche l’autore di un piccolo e gradevolissimo libro dal titolo “La saggezza del creatore di profumo”, che fornisce un quadro molto chiaro, semplice e diretto della formazione, del perfezionamento, delle problematiche e della quotidianità del lavoro di un profumiere-creatore o di colui che spesso oggi è definito un “naso”, con un’espressione che di certo lui non ha mai apprezzato.
Avendo iniziato la sua carriera professionale nel 1968, afferma “...quarant’anni più tardi, mi rendo conto che l’apprendistato è continuo e la gioia di trovare un accordo originale non è cambiata con il tempo.”
Tra i temi trattati, Maurin pone l’accento sul grande potenziale artistico di questo intrigante lavoro contrapposto al suo quasi sempre mancato riconoscimento: “A differenza dei film dove anche il nome del terzo assistente compare nei titoli di testa, il nome del profumiere non figurerà da nessuna parte…” .
E’ solo da pochi anni infatti, ovvero da quando, oltre agli stilisti di moda, anche persone famose che certamente non possono vantare capacità creativo-compositive danno il nome a dei profumi, che il marketing ha deciso che occorreva portare allo scoperto i veri creatori delle fragranze con nomi di attori o modelle e dare vita al fenomeno dei “nasi”, fino ad allora allegramente ignorati.


Chi è il “Naso”?
Troppo spesso il “naso” si trova a non essere libero creativamente, perché assoggettato alle regole del marketing e a condizionamenti ed a compromessi imposti dai “valutatori”, ovvero coloro che danno le indicazioni per creare profumi che seguano l’onda dei trend del momento, appiattendone la personalità, indirizzando verso un “gusto medio”, per garantire il lancio di un prodotto di successo, quei prodotti monolitici e disarmonici che lui chiama profumi “menhir” contrapponendoli ai profumi “piramidi”.
Maurice Maurin, assieme ad alcuni suoi colleghi, da anni si propone di “riabilitare l’olfatto”, di ridare il suo ruolo prioritario a questo senso e riconsegnare alla Profumeria il suo scranno nell’Accademia delle Arti Compositive. Un bel profumo, in quest’ambito, dovrebbe essere creato per se, per quello che vuole rappresentare emozionalmente, senza alcuna relazione al suo possibile successo commerciale.
Fondamentale quindi il riportare l’attenzione sul contenuto piuttosto che sul contenitore: “Il flacone dovrebbe sapere di non essere la vedette, ma una spalla”. Un bell’abito avrà certamente importanza per far apprezzare al meglio un profumo ma, se ciò che vi è dentro non è unico, particolare, capace di far vibrare le corde dei nostri sentimenti, non sarà certo l’abito a decretarne il successo.
Non scordiamo mai che il più bel premio per un profumiere è incappare in un uomo o una donna che indossino la sua creazione e riscontrare che il connubio profumo-indossatore sia coerente e armonioso, e che, quando tale magia si avvera, il packaging non riveste alcun ruolo.
Comporre un profumo è prima di tutto “esprimere”. Ma il numero di elementi base con cui l’artista profumiere può esprimersi è impressionante, qualche migliaio, rispetto alle sette note del musicista e i tre colori base del pittore, e padroneggiarli richiede molto tempo e un ininterrotto esercizio.
Ma bisogna rendersi conto di quanto sia complesso e difficile “padroneggiare” il senso dell’olfatto, anche per la mancanza di un linguaggio codificato del profumo. Esemplare la seguente osservazione: “Facendo un piccolo sforzo di memoria, ci ricordiamo facilmente di una melodia che abbiamo appena sentito, al punto di poterla fischiettare con una certa precisione. Avete mai provato a farlo con un profumo? Ripenserete alla donna che lo porta, ma non alla sua forma olfattiva.”
Leggendo questo libro scopriremo il significato di “forma olfattiva” , ovvero l’immagine totale del profumo, e che un accordo in profumeria è “l’insieme di almeno tre note differenti la cui risultante è una quarta nota di intensità superiore alla più intensa delle tre”.
Tra le passioni di Maurin, oltre alla creazione del profumo che sia creazione allo stato puro, “un profumo in sé”, vi è la tensione a sottolineare l’importanza che l’odorato può e deve avere nelle espressioni artistiche umane e ritiene che il profumo stesso, o come lui usa dire, la sua forma olfattiva, potrebbe essere capita ed apprezzata meglio se fosse presentata in associazione ad arti plastiche o sonore. Questo lo spinge a cogliere quindi tutte le opportunità per realizzare positive sinestesie.
Nel libro narra, con uno stile coinvolgente le sue esperienze a fianco di un pittore, di una regista teatrale, di un gruppo di professionisti per valutare il problema dei cattivi odori nella metrò parigina e di un comitato per creare una mostra propedeutica sulla profumeria, esperienze che lo hanno arricchito moltissimo. Nel parlare con lui, sono emerse anche le sue sperimentazioni, che sono diventate passioni irrinunciabili, come viticultore ed enologo che riprende l’uso degli antichi Romani di aromatizzare il vino con rizomi di iris, o come ristoratore che per oltre un decennio assieme al figlio ha inventando una nuova arte culinaria in cui gli oli essenziali possono sposarsi perfettamente con creazioni gastronomiche originali: dalla aragosta alla mirra al filetto di anatroccolo alla pera e osmanthus, per concludere magari con una zuppa inglese all’ambretta.


Conoscenza e olfatto
Restituendo all’olfatto il posto che merita, si aprirà la possibilità di un mondo più interessante e amabile. Una lotta a favore della diversità dei sensi che implica iniziare i bambini alla conoscenza dell’olfatto fin dalla più giovane età, perché sappiano godere con maggior piacere nel percepire più sottilmente dei piaceri della vita.
E’ incredibile guardare negli occhi quest’uomo mentre parla della sua relazione professionale con pittori, registi, della gioia dei bambini con cui ha lavorato, dell’entusiasmo con cui ha affrontato il connubio gusto-olfatto o psiche-olfatto e aver potuto dare uno scopo alle sue conoscenze e alle sue passioni, che va ben al di là di qualsiasi riconoscimento, d’immagine o economica, per aver creato un profumo best seller.
Maurin è uomo di una concretezza e soprattutto, di una coerenza, ammirabili. Sincero, schietto, evidente espressione delle origini contadine familiari di cui è molto orgoglioso, ha lavorato per le più grandi marche del lusso ma ha anche sempre operato, con ostinazione e costanza, perché la sua arte si sposasse con altre espressioni dell’estro umano. Una di quelle persone che fa bene sapere che esistano, impersonificazione di una passione indistruttibile, basata su valori genuini e granitici, che manifesta con entusiasmo la certezza di aver scelto il mestiere più adatto alla propria indole.

Bibliografia:
Maurice Maurin “La Saggezza del creatore di Profumo”
Edizioni della Meridiana , Firenze Dicembre 2007, ISBN 88-6007-095-1